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Eugenio Bernardi

Eugenio Bernardi

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Che cos’è per te l’ottimismo e cosa vuol dire per te essere ottimisti?

Domanda facile ma risposta molto difficile perché non è facile spiegare la natura e il concetto che si ha di certe cose.
Per me l’ottimismo è un atteggiamento, come la positività, è il come ci si pone nei confronti di quello che si fa, di quello che si dice, delle persone di cui ci si circonda. Non voglio scadere nella demagogia più melensa, però in sintesi definirei l’ottimismo il modo con cui si affrontano le cose.
Tutti quanti abbiamo avuto, purtroppo, professionalmente e umanamente una vita con degli up & down: l’ottimismo è quella cosa che ti aiuta a non esaltarti nei momenti di up e a non buttarti giù nei momenti di down, cioè ti aiuta ad affrontare tutto quanto rimboccandoti le maniche, e ti aiuta a renderti conto che c’è sempre qualcuno che sta peggio di te.
Proprio quest’ultima cosa, devo dire, è una grande lezione che ho imparato grazie anche all’attività di volontariato che svolgo quotidianamente con i bambini in ospedale.

L’ottimismo per me, alla fine, è questo: sorridere sempre alla vita e a chi ti sta intorno. Qualunque cosa succeda.

Credi che l’ottimismo possa davvero essere contagioso?

Sì, penso sia contagioso. È obbligatorio che sia contagioso, perché, normalmente, un ottimista a sua volta si circonda di persone ottimiste e positive, formando quindi una community che si contagia reciprocamente. Inoltre se una persona negativa – o che sta vivendo un periodo buio e complicato – si accosta ad un ottimista, questa persona viene piano piano contagiata dall’ottimismo dell’altra. Sia chiaro che ottimismo non significa assolutamente faciloneria: essere ottimisti non vuol dire non sapere che la vita è complicata, che le cose che non sempre vanno come vorremmo. L’ottimismo con i suoi processi, come dicevo prima, è un atteggiamento mentale: se io mi avvicino ad un ottimista, e ci sto bene, significa che, in qualche modo, il suo atteggiamento mi sta contagiando. E, ovviamente, viceversa.

Quanto è importante per te che il lavoro sia affrontato con entusiasmo? L’entusiasmo ti guida nelle tue scelte? E se sì, quanto?

Più che importante direi che è proprio fondamentale.
Io ho cominciato a lavorare nel lontano febbraio ‘79, quindi parliamo di 41 anni fa.

Anche il mese ti ricordi?

Sì, 12 Febbraio 1979. Lo ricordo perché una settimana prima mi ero congedato dal servizio militare e speravo in un mesetto tranquillo, ma mi ero completamente dimenticato di un colloquio che avevo fatto durante il servizio militare per un’agenzia di relazioni pubbliche che poi mi ha subito chiamato: avevano bisogno di me urgentemente e il mese di vacanza e riposo che avevo calcolato è saltato. Ma è andata bene così, perché da lì ho poi inanellato una serie di ‘momenti fortunati’.
Ecco, per tornare invece a ottimismo e positività, nel lavoro secondo me sono assolutamente fondamentali, come nella vita.
Io ad esempio ho sempre fatto la libera professione, sin dal 1979, perché, a parte quei due – tre anni di stage in agenzia, mi sono subito messo in proprio, poi mi sono sposato.

In quegli anni ho fatto un sacco di cose, e quel percorso della mia vita l’ho affrontato tutto quanto con positività e anche un pizzico di incoscienza.

Ad esempio quando mia moglie ed io ci siamo sposati lo abbiamo fatto proprio per positività, perché ci eravamo stufati di fare gli eterni fidanzatini ma lei si doveva ancora laureare ed io avevo solo questo stage in questa agenzia che però ci portava ad avere ben poco denaro… però nonostante tutto ci siamo sposati perché sentivamo di farlo e siamo stati positivi (e fortunati) perché poi tutto quanto è andato bene, nella vita come nel lavoro.
Tra l’altro nel ‘79, come potete immaginare, le relazioni pubbliche e la comunicazione erano una cosa ancora sconosciuta e il fatto di aver iniziato, con un pizzico di incoscienza, una professione della quale all’epoca, 40 anni fa, si parlava ma si sapeva poco probabilmente, forse già era un segno o di follia o di positività, ma comunque di ottimismo.

Quindi credo che l’entusiasmo sia fondamentale e questo atteggiamento nei vari cambi di vita e lavoro mi ha sempre accompagnato e ripagato.

Anche il fatto di essermi impegnato in un’attività di volontariato, quando avrei potuto vivere una vita più “tranquilla” e che mi impegna parecchio tempo, è una scelta che mi rende assolutamente felice ed è una sfida che va affrontata con positività, perché per lavorare e fare servizio accanto ai bambini in ospedale devi essere per forza ottimista, loro hanno bisogno di questa tua positività.

Incoscienza e positività, in quale rapporto pensi che stiano le due parti?

Questa è una bella domanda… non saprei. Io nella vita ho cambiato diverse volte “modalità di lavoro”. Ci sono stati momenti in cui ho avuto la mia agenzia, altri momenti, come adesso, in cui lavoro solo come freelance, e poi ho fatto il consulente per Adnkronos Comunicazione: in ognuno di questi cambi c’è sempre stato un atteggiamento positivo e ottimista verso il cambiamento, anche un po’ incosciente se vuoi, perché magari ho lasciato delle situazioni più “tranquille” per rimboccarmi nuovamente le maniche.
Ad esempio nel ‘99 ho lasciato la mia agenzia che era nel ranking delle prime dieci agenzia di comunicazione in Italia; l’unica, oltretutto, in questa piccola lista, a capitale completamente italiano. Io ero uno dei tre soci, e nessuno mi ha obbligato ad andar via: si è trattato di una mia scelta perché dopo vent’anni la ‘sicurezza’ dell’agenzia cominciava probabilmente a farmi ‘sedere’ un po’ troppo, a farmi sentire un po’ troppo tranquillo e evidentemente avevo bisogno di qualche stimolo nuovo. Sono andato a lavorare come consulente in un grande gruppo come Adnkronos. Dopo 4 anni sentivo di nuovo la necessità di rimettermi in gioco.
Tutto questo, chiaramente, è stato possibile anche grazie al fatto che mia moglie ha sempre condiviso le mie scelte.

Le persone che mi hanno accompagnato nella vita, la mia famiglia in primis, hanno sempre condiviso, e probabilmente sopportato, questi miei ‘cambi di vestito’.

Sono arrivato a 65 anni ed ho ancora, spero, altri 65 anni di cose davanti da fare e da vedere ed una bella energia.
Come tutti quanti ho avuto i miei alti e bassi, l’importante, come dicevamo, è non farsi abbattere quando si è giù e non esaltarti troppo quando si è su.

La collaborazione tra persone tra aziende deve diventare energia secondo te?

Direi proprio di sì, altrimenti diventa soltanto una collaborazione professionale fredda che magari porta a dei risultati positivi, per carità, profittevoli per tutti e due però non diventa, come dire, quell’energia che porta uno scambio anche più umano.
Faccio un esempio banale: ho cominciato nel 1997 a collaborare con la Procter & Gamble, che è il colosso che tutti conoscete, una multinazionale, e temevo di essere ‘schiacciato’ dal fatto che loro avevano grandi agenzie come consulenti e io ero piccolo piccolo piccolo.
Oggi, nel 2020, sono passati più di 20 anni e io sono ancora loro amico e consulente perché siamo entrati in un feeling tale che ormai gli scambi sono professionali ma anche umani e spesso dove finisce uno inizia l’altro, insomma si è creata un’energia che è ancora oggi la base della nostra collaborazione.

Però sì, per rispondere alla vostra domanda, senza scendere in casi particolari, fra persone e aziende – che poi sono formate da persone – lo scambio di positività e di ottimismo diventa energia.

Quando siamo partiti con il progetto “vestitidiottimismo” abbiamo voluto andare oltre il concetto di ‘restart’ che tutti usano e conoscono, perché non basta il ripartire, ma bisogna che la ripartenza sia accompagnata da un atteggiamento ottimista verso il futuro.
Oggi è necessario andare un po’ oltre il rapporto cliente-fornitore bisogna sviluppare una collaborazione che alcune volte non è solo ed esclusivamente legata al profitto.

Che cos’è per te il profitto? In quale relazione ritieni ci debba essere tra profitto e soddisfazione personale?

Un ritorno economico è una cosa che, ovviamente, tutti quanti cerchiamo perché, sul proprio lavoro un ritorno economico ci deve essere. Ma il profitto non è soltanto quella parte tangibile del ritorno che tu cerchi nel tuo lavoro, ha anche una parte intangibile che però è altrettanto importante. È la possibilità di lavorare su un progetto che ti dà soddisfazione, perchè senti che hai creato qualcosa di buono attraverso la tua professionalità e la tua umanità.

L’unica costante nella vita è il cambiamento. Quanto è importante secondo te la flessibilità di pensiero nell’affrontare cambiamenti nella vita?

Io credo si sia capito che, per quanto mi riguarda, la flessibilità e la disponibilità al cambiamento sono assolutamente fondamentali e dovrebbero andare proprio a braccetto con la positività e l’ottimismo. Una persona che non riesce ad affrontare, o affronta negativamente vita e lavoro, fa del male a se stesso e agli altri.
Il cambiamento bisogna persino crearlo a volte, bisogna andare a cercare le situazioni che ci facciano cambiare, e quindi crescere.
Flessibilità, cambiamento, positività, ottimismo: state facendo la lista della spesa di termini che, in qualche modo, fanno parte del mio DNA e di quello di molte altre persone: per questo trovo il progetto #vestitidiottimismo molto consono a questi tempi.


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