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Silvia Nicolis

Silvia Nicolis

Maria Cristina Caccia
  • Solare, entusiasta, amante del bello e della semplicità, Silvia Nicolis ci ha raccontato il suo concetto di ottimismo e come lo mette in pratica nella vita di ogni giorno.

Parlare con Silvia Nicolis, Presidente dell’omonimo Museo Nicolis di Villafranca di Verona è sempre un’esperienza stimolante. Solare, entusiasta, amante del bello e della semplicità, Silvia ci ha raccontato il suo concetto di ottimismo e come lo mette in pratica nella vita di ogni giorno. Il ricordo dell’amato padre Luciano, fondatore eclettico del Museo che ospita auto d’epoca, biciclette, radio in vecchio stile, macchine da scrivere, insomma un luogo magico assolutamente da non perdere, e qualche consiglio per rimanere ottimisti sono gli aspetti più emozionanti di questa chiacchierata. Uno tra tutti: impariamo a vivere la vita nel qui e ora, lasciando stare quello che non possiamo cambiare e godendoci appieno ciò di cui possiamo disporre. Eviteremo frustrazioni e il beneficio è assicurato.

Come definiresti l’ottimismo?

Uno stile di vita, una sana abitudine con cui approcciare le difficoltà, pensando alla soluzione e non alla causa. Di fatto, essere imprenditrici o imprenditori, oggi, richiede essere dei bravi problem solver. Un antidoto alla dispersione e alla depressione è scegliere di svegliarsi il mattino ed essere grati a tutto ciò che accadrà, altrimenti l’alternativa è venire sopraffatti dai problemi. Ho fatto mia questa filosofia, memore di quanta energia si spenda inutilmente nell’arrabbiarsi o nel cercare di controllare ciò che non si può controllare e, così facendo, mi sono sentita più leggera.
Con gli anni, sono diventata molto fatalista, nel senso che vivo il presente, al di fuori della compulsiva necessità di cambiare le situazioni che non dipendono da me, sia nella vita sia nel lavoro, così le lascio andare.

Come si può essere ottimisti quando la vita ti presenta degli ostacoli?

Dipende molto dal percorso personale: quanto più una persona conosce la sofferenza, tanto più è consapevole e fiduciosa che, prima o poi, la risolverà. Mio papà mi diceva, “non sono le avversità che uccidono, ma la paura delle avversità: le persone sono più spaventate dalla sofferenza che dall’ostacolo in sé.

Ottimismo e impresa sono coniugabili?

Sono associabili, nel senso che un imprenditore sa che il rischio d’impresa fa parte del gioco e un’azienda presenta molte variabili sia dal punto di vista organizzativo che relazionale. Lavoro da venticinque anni e ho ben capito che non si può perdere tempo, criticando il sistema, la politica, le persone, il mondo, il destino: ottimismo è dire, “so che ogni giorno avrò a che fare con persone che non conosco, con situazioni che non avevo previsto e allora mi impegno a indossare elmetto e corazza”, ripetendo a me stessa che qualsiasi cosa accada il mio lavoro è riuscire a trovare la strada. Così facendo, di notte si dorme più serenamente e si preservano risorse e lucidità per l’indomani.

Quindi ottimismo è…?

Imparare a dire: la soluzione arriverà, saprò riconoscerla. Di fatto è una questione di mentalità e punto di vista, che non significa essere fatalisti e superficiali, ma impegnarsi per governare le proprie emozioni e pianificare strategie utili, anziché arrabbiarsi, che è certamente più semplice e immediato, ma a medio e lungo termine, non porta a nulla. L’imprenditore ottimista trasforma il posto di lavoro un luogo di crescita e formazione per sé per i propri collaboratori.

Un aneddoto di ottimismo che porti nel cuore?

Durante questo periodo di pandemia, in cui la situazione economica e lavorativa non sono certo state avvantaggiate, come titolare di un museo privato, avrei potuto chiudere i battenti e dedicarmi ad altro. E, invece, ho deciso di non mollare e di trasferire al mio gruppo momenti di training e pianificazione importanti che ci hanno valso un prestigioso premio come “Museo dell’Anno”, finalisti al pari di realtà museali di fama internazionale. Un motivo di orgoglio per tutti.

Cosa vi ha aiutato a raggiungere questo ottimistico traguardo?

Un diverso livello di consapevolezza: ci siamo detti, “cambiamo noi”, impariamo a usare nuovi strumenti, cambiamo prospettiva, osserviamo da vicino un nuovo modo di fare cultura. Quando ti poni come modello, il gruppo ti segue e i risultati arrivano, come questo premio. Mio padre mi ha insegnato a trasformare ogni gesto in un momento di condivisione e amore.

Si nasce o si diventa ottimisti?

Conta molto nascere in un contesto famigliare ottimista, poiché, contrariamente, se fin fa bambini si cresce in una famiglia in cui ci si lamenta, si critica e si guarda al lato negativo della vita, si avrà, inevitabilmente, lo stesso imprinting anche in età adulta. Mi ritengo fortunata, perché mio padre, di origini umili, era un uomo molto combattivo, un problem solver e un creativo, curioso di natura, tanto da aver raccolto, negli anni, auto d’epoca e non solo dando vita a quello che oggi è il Museo Nicolis, unico nel suo genere. E così la mia visione delle cose è stata piacevolmente contaminata dal suo modo di essere e di fare.
Se la famiglia gioca un ruolo essenziale, è altresì importante circondarsi di persone propositive e dotate di energia positiva. A volte si persiste in relazioni tossiche, poiché si teme la solitudine e questo è un errore che non permette all’ottimismo di fiorire.
E un’altra cosa che ho capito è l’importanza degli stimoli: di crescita, di novità, di sfide. Non arrivano dalla quotidianità. Te li devi andare a cercare.

Un consiglio per alimentare l’ottimismo?

Beh, riprendendo il discorso degli stimoli, ribadisco che sono un antidoto magnifico contro ogni forma di appiattimento. Danno energia e tengono vivi! Io stessa coltivo i miei hobby o mi dedico ad attività nuove e diverse da quello che faccio di solito. La mia passione è lavorare a maglia: dare forma a un oggetto che prima non esisteva, come una sciarpa per me o per chi amo, mi gratifica e ma fa stare bene. Ora è possibile seguire corsi tra i più svariati online e così, per mettersi alla prova, consiglio di iscriversi a un percorso totalmente diverso dai propri interessi, magari ci si scopre bravi in ambiti impensabili. Io stessa seguirò un corso di interior design, che, di certo, ha poco a che fare con il mio lavoro al Museo, ma voglio mettermi in ascolto di me stessa. Un altro consiglio che mi sento di dare è vivere di più all’aria aperta e, se non si può viaggiare, andare alla riscoperta di aree limitrofe ai luoghi in cui abitiamo e che diamo per scontate.

Inoltre, impariamo a prenderci del tempo per noi, per rimanere in ascolto del nostro Sé: un tesoro di cui prenderci cura, con grazia e gratitudine.
Ci sentiremo invincibili!

Chi è

Silvia Nicolis

Silvia Nicolis è imprenditrice e Presidente del “Museo dell’Auto, della Tecnica e della Meccanica” di Verona, oggi uno dei più importanti musei privati a matrice industriale nel panorama internazionale, fondato dal padre, Luciano, che è stato uno dei principali collezionisti italiani.


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