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Bernardo Bernardini

Bernardo Bernardini

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Chi sei e cosa fai nella vita?

Mi chiamo Bernardo Bernardini e sono un disabile. Ci ho messo molto tempo per ammetterlo a me stesso e per accettarlo, per non sentirmi in difetto rispetto agli altri a causa della mia condizione fisica alterata. Quando avevo 19 anni mi è occorso un incidente in cui mi sono rotto 3 vertebre, ho subito 2 importanti interventi chirurgici, ho fatto 15 anni di fisioterapia.

Sono passato dalla sedia a rotelle alle stampelle, infine a camminare con tutori alle gambe.

Solo dopo molti anni e con molto impegno sono riuscito a tornare ad essere orgoglioso di me stesso, a rivedere nello specchio un’immagine di cui essere fiero.

Vivendo sulla mia pelle l’importanza di sentirmi incluso nella società in cui vivo, percependomi come parte attiva e produttiva del mondo che mi circonda, organizzo eventi sportivi volti a sensibilizzare le persone al fine di facilitare l’inclusione sociale della disabilità. Sentirmi ai margini, percepirmi come un peso e in alcuni casi come un obbligo all’interno delle organizzazioni produttive, mi ha fatto vivere anni in cui ero vuoto di obiettivi, disorientato e alla spasmodica ricerca di trovare un senso alla mia vita con lo stesso affanno di una persona che affogando cerchi di mordere l’aria per sopravvivere.

Organizzo eventi sportivi principalmente per due motivi: il primo è che lo sport mi ha cambiato la vita dandomi la possibilità di mettermi alla prova e di conoscere i miei nuovi limiti, recuperando fiducia in me stesso. Inoltre mi ha dato anche la possibilità di confrontarmi con i normo dotati, la parte del mondo da cui mi sentivo escluso, superando i timori di essere percepito come “mancante” in quanto disabile. Il secondo motivo è che, condividendo i valori dello sport con gli altri atleti con cui ho gareggiato, mi sono sentito nuovamente parte di un gruppo, accettato nonostante la mia diversità, se non addirittura apprezzato per il modo con cui affrontavo le difficoltà causate dall’invalidità.

Sei ottimista? Dacci la tua definizione di ottimismo in “10 parole”.

Bright side of the life (il lato luminoso della vita).

Raccontaci la tua “storia di ottimismo” ovvero in quale momento un approccio ottimista ha giocato un ruolo attivo nella tua vita e ti ha aiutato a superare un ostacolo o gestire un cambiamento.

L’ottimismo ha giocato un ruolo attivo nella mia vita ogni qual volta di fronte ad una difficoltà non l’ho percepita come una punizione del destino ma come un momento necessario per crescere, per diventare più capace e che, superandola, tagliavo un piccolo traguardo che mi avvicinava maggiormente all’obiettivo.

Come contageresti un pessimista o un consiglio che daresti a chi ottimista non è?

Distinguerei fra chi ha perso la speranza e il pessimista. Il primo si può contagiare con l’entusiasmo, ispirandolo, facendo rinascere in lui la voglia di mettersi in gioco, preparandolo e supportandolo alle tante piccole sconfitte e difficoltà che descrivono qualsiasi cammino di crescita.

Al contrario, con il pessimista non perderei tempo a parlarci in quanto reputo che l’unico modo per poter porre in dubbio la sua posizione sia l’esempio, mostrando con i fatti che i risultati si possono ottenere; ma spesso neanche questo serve. Nelle discussioni intervengono subito numerose scuse che esonerano il pessimista dallo spostarsi dal suo punto di vista comodo e sicuro.

Per mia esperienza, non ha voglia di ascoltare e di prendere in considerazione una prospettiva diversa dalla propria.
Questo perché credo siano le nostre idee, le nostre convinzioni e il nostro modo di guardare al mondo che influiscono sul modo di percepire e rielaborare la realtà in cui viviamo: siamo naturalmente predisposti a porre attenzione e a valutare come importanti quelle informazioni che riflettono le nostre certezze, idee e credenze e, di conseguenza, i nostri atteggiamenti e le nostre predisposizioni.

Il tentativo di contagiare un pessimista lo trovo ben espresso dal motto: “puoi portare l’asino alla fonte ma non obbligarlo a bere”.

Di fatto la volontà trova soluzioni, la paura e la pigrizia scuse.

Chi è

Bernardo Bernardini

Bernardo Bernardini, atleta veneto, nel 1996 ha avuto un incidente aereo e al risveglio si è trovato con le gambe paralizzate, quindi in sedia a rotelle per il resto della mia vita secondo i medici. Dopo molti anni di interventi, fisioterapia e molto impegno e tenacia è tornato a camminare e correre, come racconta nel suo progetto ‘Finalmente Corro’.

Il suo motto: la volontà trova soluzioni, la pigrizia e la paura trovano scuse.


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