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Luca Moretto

Luca Moretto

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Cos’è per te l’ottimismo e che cosa vuol dire per te essere ottimisti?

L’ottimismo è uno stile di vita, un modo d’essere. A me è arrivato come salvezza dopo lunghe crisi depressive e dopo il dolore della situazione in cui vivo. Per me è una sorta di reazione ai problemi, e io di quelli ne ho avuti molti, sia nella vita quotidiana sia nel lavoro ne ho viste parecchie.

Essere ottimisti vuol dire cercare la luce anche quando tutto è buio, è guardare al futuro e al domani.

Mi viene in mente la frase nota del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno: quando lo hanno chiesto a me in passato io rispondevo che l’ottimismo non è vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno, l’ottimismo è riuscire a vedere il bicchiere, perché il bicchiere puoi sempre riempirlo, no? Da lì per me è nato il concetto di un ottimismo che può affondare le sue radici anche nel dolore ed il mio lavoro stesso, legato all’arte, che ha saputo regalare attraverso il colore ed il mio stile un sorriso alle persone.
Io sulla tela non ho mai messo il mio dolore ma quello che avevo dentro: gioia, esplosione di vita, voglia di tirar fuori tutta quella vita soffocata dal male e dai problemi.

Tu come ti definisci? Un artista? 

Io sono un artista, prima di tutto, con una passione per la comunicazione.

Mi piace l’idea di comunicare anche attraverso le opere e i miei progetti ne sono la testimonianza: il progetto con la Birra 32, premiato al parlamento europeo, in cui ho reinterpretato il logo del birrificio, la Vespa Venice, un altro progetto di comunicazione riuscitissimo che con i suoi colori racconta Venezia la terra dove vivo e poi la Bugatti, realizzata con lo sponsor Saratoga.

Secondo te la capacità di vedere il “bicchiere”, che a tratti è anche proprio una capacità, è una cosa innata o si può costruire nel tempo? 

Credo che in prima battuta dipenda dalla volontà della persona, ma sono anche convinto che la si possa costruire. Io solo dopo un lungo periodo di crisi ho maturato questa visione delle cose e cominciato ad aprirmi nuovamente, leggere libri e forse cogliere segnali che prima non notavo. Tutto è ricominciato per caso, una sera in una libreria qualunque, notando un libro di Paul McKenna, Cambia vita in 7 giorni, l’unico fuori posto all’interno di un mucchio di libri ordinati, colpito da questa cosa, cominciai a leggerlo ed alla fine lo comprai.

Forse quello era il segnale di cui avevo bisogno. Da quel momento in un certo senso le cose per me, e dentro di me, sono cambiate.

Potrebbe esser l’ottimismo che genera conoscenza e quindi la capacità di interpretare i segnali, perché quello che manca alle persone forse è la capacità di riconoscere i segnali.

Sicuramente a volte diamo per scontate alcune cose e non abbiamo la capacità di fermarci un attimo e renderci conto che una certa cosa è arrivata perchè io l’ho desiderata e l’ho resa possibile.

É con questo spirito e desiderio che probabilmente sono riuscito ad ottenere alcune collaborazioni molto gratificanti: Saratoga, la prima a cui avevo pensato, la Mungo, una multinazionale svizzera che fa sempre siliconi, la 54° Biennale, quella di Sgarbi, al padiglione Italia di Torino, il raduno mondiale Vespa dove hanno voluto la Vespa di Luca Moretto perché più idonea per quell’evento, l’evento a San Pietroburgo con la mia Vespa, quella di Nespolo e quella di Paola Navone e ancora due anni fa la mostra a Venezia organizzata da Biennale Architettura e Musei Civici.

Queste son tutte cose che sono arrivate ma che ho voluto e desiderato fortemente.

Io questa idea e questo atteggiamento ho cercato di trasmetterli molte volte, anche alla mia stessa famiglia ed una cosa che ho imparato è di non focalizzarsi troppo su una singola cosa ma cercare di avere una visione più aperta e flessibile. Un mio sogno è quello di realizzare la Vespa Venice 946, che porta dentro tra l’altro proprio tutto il concetto di cui stiamo parlando, e vorrei che arrivasse al Moma, ed io credo che prima o poi succederà.

Io voglio crederci e non mi costa nulla farlo: credo che questo sia l’atteggiamento giusto.

Credi che questo ottimismo possa essere davvero contagioso?

Può esserlo però ma ciò accade solo se chi ti sta vicino ha voglia ed è disposto.

Tante volte quando ti racconti con entusiasmo c’è chi ti guarda come un extraterrestre, pensando che tu sia fuori dal mondo quando invece non è così, essere ottimisti non costa nulla quindi perchè no? È un atteggiamento che non costa nulla e porta solo positività, in primo luogo a te stesso nell’affrontare la giornata. Ogni volta che sono caduto e posso aver toccato il fondo, ho sempre avuto qualcosa che mi ha dato la spinta per risalire, non saprei dirti che cosa sia stato, ho sempre potuto contare su questa cosa.

Anche nei momenti più duri, dentro di me, ho sempre saputo di potercela fare e di poter uscire dal momento negativo.

Si dice che un ottimista possa sopportare fino a 3 pessimisti, dopodichè anche l’ottimista più forte tende a soccombere ed il nero vince sul colore. Ma noi vogliamo come te, condividere l’ottimismo.
Quanto è importante per te l’entusiasmo nel lavoro e nelle tue scelte? 

È fondamentale. Come quando vai a conoscere una ragazza che ti piace, non puoi farlo con l’idea in testa che non farai mai colpo su di lei.

Quando parti con un progetto innanzitutto deve esserci la passione. Quando lavori con passione, fai qualcosa in cui credi, fai meno fatica, forse ci impiegherai più tempo, ma alla fine i risultati arrivano. Devi investire, fare qualcosa, credere in qualcosa, investire il tuo tempo credendoci e vedrai che i risultati poi ti premieranno. Io parlo di risultati in termini d’immagine, sul lavoro perché purtroppo ad oggi non ho ancora raggiunto l’obiettivo economico ma sono convinto che prima o poi arriverà la galleria giusta, continuando a lavorare con l’atteggiamento giusto e la passione.

Sicuramente. Con flessibilità, determinazione e passione. Hai introdotto un po’ la quarta domanda domanda: la collaborazione tra aziende e persone può e/o deve diventare energia secondo te?

Questa idea a me piace moltissimo.

La collaborazione tra aziende e persone è la cosa più bella che ho introdotto nel mio lavoro e che mi ha dato maggiore credibilità, penso a Saratoga, poi la multinazionale, birrificio 32, etc. tutte aziende rilevanti. Lavorare con le aziende mi ha dato modo di creare progetti interessanti che hanno permesso di far crescere la mia figura di artista e rendermi appetibile anche agli occhi del collezionista che prima si chiedeva perché investire in un opera di Luca.

Adesso  passiamo alla quinta domanda:  cos’è per te il profitto e quale relazione ritieni ci debba essere fra profitto e soddisfazione personale? 

A mio avviso la soddisfazione più grande per un artista è vendere la propria opera mentre il profitto in senso lato è maggiormente legato alla credibilità che deriva dalla collaborazione con un’azienda, perchè nel momento in cui riesco a lavorare su un progetto rilevante, di una certa entità, in automatico la mia figura di artista ne trae beneficio e di conseguenza il valore delle mie opere aumenta.

Sarebbe bello che più aziende investissero negli artisti, ed alcune già lo fanno.

Direi che la relazione tra questi due fattori potrebbe essere 50-50, ma io preferisco dire 100-100. L’ideale è che ci siano la completa soddisfazione economica ed anche la gratificazione artistica. Sono importantissime entrambe.

In mezzo a questi due fattori io però cerco sempre di non rinunciare al mio modo di lavorare ed al mio credo. Io sono convinto che un artista debba investire su se stesso e sulla comunicazione e anche quando capita la collaborazione con un’azienda, questa non deve essere vista come una cosa negativa perchè comunque l’artista ne avrà giovamento in quanto inserito nella comunicazione che l’azienda farà sui suoi canali.

Perché l’azienda dovrebbe distinguere fra un artista emergente e uno già famoso, considerato che di fatto e poi l’azienda a guidare il progetto?

L’azienda che faccia comunicazione si espone in prima persona quindi la scelta di un artista emergente forse rischia di essere più pericolosa ed è per questo che forse la maggior parte delle aziende punta più facilmente su artisti che abbiano già fatto delle cose. Molti artisti si aspettano che si investa su di loro e che l’unico loro compito sia quello di fare l’opera d’arte.

Personalmente io ho scelto di investire sulla mia figura di artista, di comunicare quello che faccio in autonomia e anche un domani mi arrivasse la proposta di rappresentanza da parte di una galleria il mio desiderio sarebbe comunque quello di fare anche progetti con le aziende e in quel caso di sedermi di persona al tavolo con l’azienda stessa perché mi piace farlo e mi gratifica. Allo stesso tempo, l’eventuale galleria che si voglia prendere Luca, deve essere consapevole del fatto che sono una persona con un determinato modo di fare arte che dipende anche dalla mia particolare situazione. Sono una persona con delle difficoltà e non una macchina da guerra.

É proprio per questo mio modo di lavorare ed impostare le cose che qualche tempo fa mi ha chiamato un ragazzo che farà la Milano – Tokyo in Vespa, un’impresa che fu fatta nel ‘64 da Roberto Patrignani per un totale di 18000 km, per andare a consegnare un premio agli atleti olimpionici. Questa impresa, per ovvi motivi, è stata rimandata ma resta il desiderio di questo ragazzo di avere una Vespa speciale e riconoscibile firmata Luca Moretto, autore della Vespa Venice presente al Museo Piaggio. Tornando al discorso di prima, questo è successo grazie alle mie esperienze precedenti con Piaggio che ai suoi occhi mi ha reso credibile e interessante.

Siamo arrivati all’ultima domanda: l’unica costante della vita è il cambiamento, questo tu lo sai bene, anche meglio di altri. Quanto è importante, secondo te, la flessibilità di pensiero nell’affrontare i cambiamenti della vita? Una persona qualche giorno fa mi ha fatto notare che “cambiare è diventare” e che però spesso il cambiamento viene percepito come negativo, forse perché destabilizza? Cosa ne pensi?

Io penso che se le persone avessero voglia di sforzarsi un attimino non servirebbero neanche gli psicologi, credo che sia alla base del vivere quotidiano la capacità di cambiare idea sulle cose, di rendersi conto che il pensiero che avevamo è cambiato ed è diverso.

Accettare e ragionare sul cambiamento è qualcosa che dovremmo imparare a fare per vivere meglio.

Di fronte ad un cambiamento obbligato, come nel mio caso, l’essere umano può avere una capacità di adattamento incredibile. Da quel momento sei sempre tu, ma in maniera diversa, e quindi vai avanti in maniera differente. Il cambiamento porta ad una nuova tua normalità. Prendiamo l’esempio di Alex Zanardi: si è trovato le gambe troncate dall’oggi al domani, da lì in poi la sua normalità è diventata quella, non era meno normale di prima, era semplicemente diversa la sua quotidianità.

Sicuramente la forza e la flessibilità individuale, come nel suo caso, hanno un ruolo fondamentale poiché aiutano a riprogettare la tua normalità in modo nuovo.

Un grazie speciale a Luca Moretto

Chi è

Luca Moretto

Luca Moretto artista veneto contemporaneo e sperimentatore. Le esperienze del suo passato lo hanno ispirato a sperimentare l’uso del silicone su tela fino a riuscire a plasmarlo nelle forme più impensabili, conferendogli dignità e bellezza. Difficile resistere alla tentazione tattile delle sue tele che sembrano membrane viventi.

Il suo motto: “L’ottimismo può fondare le sue radici anche nel dolore”.


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